FORZA 9 – Campionato calcio a 5 Torino Champions Five

CAMPIONATO CALCIO A 5 TORINO – Champions Five, Final Group, girone Camp Nou, Costisha risponde alle contendenti con una grandissima vittoria. In Euro Five nel girone Olympiastadion s’impone F.C. Romania di goleada.

COSTISHA – FC CARROZZA 9-2

I temibili bianconeri contro la terribile gioventù, un match caldissimo fin dalle prime battute, dove nessuna delle due squadre molla un centimetro all’avversario. Al termine dei cinquanta minuti regolamentari la spunta Costisha, grazie alla superlativa prestazione del solito Valentin Niculaescu, man of the match della gara autore di ben sei reti: ha fatto letteralmente impazzire la retroguardia avversaria. Vasile Niculaescu con una doppietta, Ciobanu con una marcatura personale chiudono il match superando così la tripletta di P. Ventura, la doppietta di Monterosso e la rete di Polizzi per i grigi.

F.C. ROMANIA – FLAMINGOS 9-2

La banda di Capitan Char supera agilmente un pur combattivo Flamingos, il punteggio recita nove a due per i giallorossi. Da segnalare le cinque reti di Achirilei, vero e proprio mattatore di serata oltre alle doppiette di Sturzu e Jitianu, di Grimaldi e Calabrese invece le reti degli azulgrana.

CAMPIONATO CALCIO A 5 / 8 TORINO – CHAMPIONS FIVE

Le origini del calcio
Ricco di fascino è un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca di attendibili antenati di quello che è oggi definito il più grande spettacolo del mondo. Anche in una ricostruzione breve e sommaria, appare però fondamentale, nonché storicamente corretto, procedere a una suddivisione preliminare. Non prenderemo sistematicamente in considerazione tutti i giochi con la palla in uso nell’antichità, ricerca che risulterebbe senza fine, bensì soltanto quelli che presentano sostanziali e indiscusse analogie con il calcio attuale.
Cronologicamente, le prime manifestazioni di quello che potremmo definire protocalcio si ebbero in Estremo Oriente, come dimostrò il francese Jules Rimet, al quale si deve la creazione e il lancio, nel 1930, del primo Campionato del Mondo di calcio. Già nel 25° secolo a.C., l’imperatore cinese Xeng Ti obbligava gli uomini del suo esercito a praticare, fra i vari esercizi di addestramento militare, un gioco imperniato sul possesso di un oggetto sferico, molto simile a un pallone di oggi, formato di sostanze vegetali, tenuto insieme e ammorbidito in superficie da crini annodati (secondo una versione più poetica, da soffici capelli di fanciulla). Il gioco era chiamato Tsu-Chu. Un millennio più tardi, in Giappone aveva largo seguito il Kemari, finalizzato non più all’avviamento alle armi, ma al diletto delle classi nobili. Si giocava su un campo segnalato, agli angoli, da quattro tipi diversi di albero: un pino, un ciliegio, un mandorlo e un salice. Il pallone, il cui strato esterno era di pelle, misurava 22 cm di diametro ed era manovrato con le mani e con i piedi, una sorta di rugby ante litteram. Peraltro, molto gentile: il gioco, infatti, veniva spesso interrotto per scambi di scuse e complimenti.
Attorno al 1000 a.C., nella Grecia era in auge l’epískyros (il nome derivava da sk´yros, la linea centrale che divideva in due parti il campo) che, insieme a tanti altri e più importanti usi ellenici, fu trapiantato a Roma dove prese il nome di harpastum e assunse connotazioni decisamente più brutali. L’arpasto consisteva nel rubarsi la palla, senza troppi complimenti, e divenne il passatempo preferito dell’esercito. Lo praticavano con grande soddisfazione i legionari di Giulio Cesare, suddivisi in squadre regolari, e furono quindi probabilmente loro a farlo conoscere ai britanni durante l’invasione dell’isola, gettando così un seme destinato a germogliare copioso nella terra destinata a dare ufficialmente i natali al calcio moderno.
Le fortune di tutti i giochi con la palla declinarono poi bruscamente nel Medioevo, per un generale deprezzamento delle attività ludiche. Il divieto di praticarli riguardò dapprima i soli religiosi. In seguito progressivamente questi giochi furono messi al bando per tutti, anche perché causa di incidenti e di violenze che originavano veri e propri tumulti e sottraevano i soldati alle attività militari.
Anche in altre civiltà, come in quella maya, si praticarono forme di protocalcio. Nell’antico Messico, per esempio, il gioco consisteva nel far passare il pallone, che non poteva essere toccato con le mani, attraverso un piccolo foro nel muro. Il pallone era di caucciù massiccio e pesava tre chili e mezzo. Evidente la simbologia erotica, un connotato che, secondo Desmond Morris autore del fortunato saggio La tribù del calcio (1981), è presente anche nella versione attuale del gioco.

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